sabato 23 marzo 2013

La meditazione del cibo.

Potrebbe sembrare strano accostare due termini così lontani, apparentemente, gli uni dagli altri.
Eppure se mi seguite vedremo insieme come "meditazione" e "cibo" possano essere e, anzi, debbano diventare, sempre più alleati nel nostro vivere quotidiano.
Si potrebbe affrontare il discorso da mille punti di partenza, ed angolature, differenti, e ciascuno di questi discorsi avrebbe un senso e una importanza vitale.
Sul legame tra cibo e meditazione potremmo discorrere per anni.
Io però ho scelto un titolo in particolare, che racchiude in se' il senso di quello di cui voglio parlare con voi oggi, che è "la meditazione del cibo".


Prima di proseguire vi faccio una domanda:
quanto tempo impiegate, solitamente, per consumare un pasto?

In base alla risposta che vi darete, saprete poi come leggere e interpretare quello che scriverò qui di seguito.
E' raro che un medico, un dietologo, un nutrizionista o uno specialista in campo alimentare, faccia questa domanda a chi ha davanti nel suo studio, eppure è un punto molto importante, dal quale partire.
Spesso, troppo spesso (aimhè) siamo abituati a mangiare in velocità, i tempi stretti degli impegni quotidiani a incalzare la nostra mente e i muscoli tesi e contratti nell'asia del "fare in fretta".
Come pensate che possa essere processato e metabolizzato, così, il nutrimento che il cibo che consumiamo dovrebbe darci?
Come diventa parte di noi, se facciamo tutto molto velocemente e quasi non ci accorgiamo di quello che stiamo mangiando?
Fisiologicamente, ci sono delle conseguenze che sono le prime e più visibili e percepibili:
mangiando in fretta ingurgitiamo tanta aria, e ci sentiamo poi gonfi e appesantiti,
mangiando in fretta non ci concediamo il tempo necessario per masticare bene, a lungo, e con attenzione, i bocconi che arrivano nella nostra bocca, e cosi la digestione diventa difficile e affannosa,
mangiando in fretta non ci rendiamo conto di quanto stiamo mangiano e perdiamo il contatto con le sensazioni interne che ci dicono quando smettere di mangiare perché sazi e "a posto" dal punto di vista nutrizionale, questo ci porta ad eccedere e ad accumulare peso in più.
Ci sono poi altri effetti che non sono visibili direttamente, ad occhio e a sensazioni "nudi", ma che si stratificano e solidificano dentro di noi con tenacia e resistenza, a meno di non porre rimedio, con la consapevolezza e l'attenzione, e con un diverso modo di approcciarsi agli alimenti.
Effetti che definirei energetici, perché il cibo non è solo materia organica e fisica ma anche energetica e sottile. Questo ha a che fare con la meditazione, ma ha le sue radici nella concretissima biochimica del funzionamento del nostro organismo.
Noi siamo molecole ed energia.
Ad un livello microscopico.
Molecole ed energia che sono i mattoni sui quali si costruiscono cellule e tessuti. Organi ed apparati.
Siamo, in un parola, modellati su uno "stampo" infintesimale ed energetico che il cibo che assumiamo ha, in larga parte, il compito di sostenere, modificare e nutrire.
Perché questo accada il cibo deve essere sminuzzato e triturato in parti piccolissime dal nostro  apparato boccale, in prima istanza, e poi dallo stomaco e dal primo tratto dell'intestino tenue.
Questo permette alle molecole "intrappolate" nel cibo di rendersi disponibili per l'uso.
Le molecole sono anche energia e l'energia, contenuta nel cibo e liberata con una buona e prolungata masticazione, è in grado di agire a diversi livelli.
Oltre ad essere usata per le reazioni biochimiche essa entra a far parte anche del nostro campo energetico, conosciuto fin dall'antichità, e che la scienza odierna indentifica come un campo elettromagnetico che ogni essere vivente, in quanto tale, presenta e irradia.
Campo responsabile del nostro benessere fisico, emotivo, psicologico e spirituale.

Appare quindi chiaro che se ci concediamo tutto il tempo necessario per dedicarci al nutrimento e al cibo che abbiamo di fronte, se mastichiamo bene e con calma, sminuzzando il più possibile il cibo che ingeriamo, se lasciamo al nostro organismo tutto il tempo che gli serve per ricevere ed assimilare gli alimenti che gli forniamo, ne guadagneremo sia in salute fisica che psicologica e spirituale.


Facciamo in modo che ogni pasto sia consumato con il tempo che occorre. Senza fretta. Riducendo per quanto possibile l'ansia degli impegni del poi.
Sediamoci comodi, davanti ad una tavola apparecchiata con un po' di attenzione e cura, per far godere anche la vista e per darci sensazioni buone e positive.
Se mangiamo fuori, cerchiamo il più possibile di metterci a nostro agio, in un ambiente confortevole e accogliente.
Ricerchiamo la lentezza partendo anche dai gesti. Ascoltiamoci mentre mangiamo e osserviamo ogni particolare di quello che abbiamo nel piatto, delle sensazioni che ci da, se è salato o dolce, aspro o amaro, ascoltiamo i sapori e la consistenza. Facciamo ogni tanto dei lunghi respiri, perché più ossigeno immagazziniamo e meglio sarà metabolizzato quello che mangiamo.

Ascoltiamo i nostri stati d'animo, poi, quando ci sediamo a tavola.
Come arrivamo?
Arrabbiati, nervosi, sereni, tristi, riposati, stanchi ecc....?
Ciascuno di questi diversi stati d'animo influenzerà in qualche modo il nostro pranzo e se ci alleniamo a diventarne consapevoli, impareremo a comprendere sempre meglio come e perché.

Io la chiamo "la meditazione del cibo".
Mangiare è anche meditazione.
Nel senso che io do a questa parola che è:
rallentare, fermarsi, ascoltare, tornare all'interno di noi (siamo sempre, troppo, proiettati all'esterno e perdiamo contatto con il nostro mondo interiore).

Questo apre, come ogni forma di meditazione e introspezione, nuove vie di conoscenza e di scoperta.
Che mai avremmo pensato.

Provare per credere.

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