giovedì 20 dicembre 2012

Ricetta: Il Pane di Natale.


 



Inauguro con una ricetta natalizia, un "filone" che vorrei seguire, con voi, condividendo alcune semplici preparazioni, magari un po' modificate, se serve, per renderle più digeribili e sane e prendendo spesso spunto dalle nostre tradizioni.

Oggi parliamo di PANE DI NATALE.
Si.
Avete capito bene.
Pane di Natale.
Non panettone.

Non so quanti di voi sanno che quello che oggi ci viene venduto come panettone, dolce della tradizione natalizia, e in particolare italiana, in realtà non è che una versione riveduta e corretta di un antico dolce che i nostri "avi" preparavano proprio per il giorno di Natale.
Da un certo punti di vista era un pane "povero", perché ci si metteva dentro tutto quello che si aveva a disposizione in quel momento, e a volte quello che c'era a disposizione non era molto. Ma io preferisco considerarlo un dolce ricco. E se mi seguite capirete perché.

Innanzitutto la preparazione.
L'impasto, che era quello del pane tradizionale, solo usando farina più raffinata (quindi di frumento, piuttosto che farro, miglio o altri cereali tipici del mondo contadino) veniva arricchito con burro, latte, uova e tanta frutta secca e candita. Si usava la pasta madre e il pane veniva preparato la sera della Vigilia di Natale, e poi lasciato lievitare tutta la notte. La mattina di Natale, questo bel pane rigonfio e ricco di aromi particolari, veniva infornato, per poi essere pronto e fragrante per la festa della giornata.Ogni famiglia aveva il suo Pane di Natale, ogni volta diverso e unico, comunque, sempre.
Era un vero e proprio rito. E sappiamo che, quando si riscopre la sacralità dei gesti più semplici, come quello di preparare qualcosa che sarà nutrimento, non solo per il corpo, ma anche per l'anima, e darà gioia e piacere condiviso, tutto assume un sapore diverso.
Che differenza i panettoni industriali che delle macchine, un nastro trasportatore e altrettante macchine, impastano, mettono in forma, cuocciono e confezionano. Arrivano spesso sulle nostre tavole senza che siano stati toccati da mani umane...
Per non parlare poi degli ingredienti...
Gli ingredienti sono un altra ricchezza di questo pane.
Farina di frumento (una buona farina...come sicuramente era quella dei nostri avi...e che per trovare oggi dovremmo probabilmente, e preferibilemente, rivolgerci al biologico), burro, latte e uova che spesso erano prodotti dalla stessa famiglia con il  lavoro a contatto con la natura e la terra, e poi fichi secchi, albicocche secche, datteri, noci, mandorle, uva passa, scorze di arancia o di limone (cosi aromatiche!), canditi di vario genere, cioccolato, pinoli...una sinfonia e una melodia di sapori, profumi, colori.
Se proverete a prepararlo, quando lo starete impastando,durante la cottura, quando lo toglierete dal forno, gustandolo, ma anche nei giorni seguenti, se vi avanzerà!, scoprirete davvero che profumi e quanto abbia da regalare questo pane...che mi viene da includere in quelle preparazioni che riescono a soddisfare la multisensorialità del nostro essere...

Veniamo alla ricetta.

Per l'impasto di un Pane di Natale "medio" occorrono:

350 gr di farina di frumento (perferibilmente biologica)
150 ml di latte
110 gr di burro
50 gr di zucchero
1 uovo
lievito

Unite la farina  addizzionata di lievito, allo zucchero e al burro e lavorate per un po' il composto. Poi aggiungete il latte e amalgamate e infine aggiungete l'uovo e iniziate ad impastare fino ad ottenere un impasto morbido. A questo punto è arrivato il momento di aggiungere la frutta secca, e tutto quello che volete inserire nel vostro Pane di Natale.
Un buon Pane di Natale, viene già con questi semplici ingredienti:
- una manciata di noci spezzettate
- una manciata di mandorle spezzettate
- una manciata di fichi secchi tagliati a pezzi
- una manciata di albicocche secche tagliate a pezzi
- la scorza di un limone tagliata a pezzettini (non grattugiata!)
Poi potete sbizzarrirvi come più vi aggrada.
Aggiungendo cioccolato, canditi, pinoli. Oppure combinando queste cose con altri ingredienti.
Insomma: non esiste una regola fissa! E forse questo è il bello! Ciascuno lo prepara come preferisce!
(non è una ricchezza anche questa?!?)

Consiglio di preparare prima, in una ciotola, questi ingredienti da aggiungere all'impasto, tagliuzzando tutto quello che serve prima di mettersi ad impastare.

Gli ingredienti "tagliuzzati" si aggiungono poco alla volta, incorporandoli man mano.
Una volta incorporati, trasportate su un tagliere o spianatoia di legno, cosparso di farina, e lavorate fino ad ottenere un impasto morbido e sodo.

Mettete in una ciotola a lievitare finchè raddoppia di volume.

Che lievito usare?
L'ideale sarebbe il lievito madre che usavano i nostri avi. Se siete in grado di prepararvelo da voi, tenete presente che il rapporto lievito/farina deve sempre essere 1:2 almeno, per cui 50gr di lievito madre per 100gr di farina.
Buono anche il lievito naturale che si trova nei negozi biologici, in genere disidratato in bustine. Sulla bustina troverete le indicazioni circa la quantità da usare per gr di farina.
Non abbiatene a male ma io escluderei lievito di birra in panetti (che lascia un retrogusto amarognolo non piacevole) e lieviti industriali,anche perché spesso sono responsabili di intolleranze, fastidi digestivi e gonfiori ecc...

Il tempo necessario perché l'impasto raddoppi di volume è variabile. Dunque basatevi sulla vostra vista e osservate quando vi sembra pronto.
Indicativamente, se può aiutarvi, io lo lascio una giornata a lievitare.

Dopo che è raddoppiato di volume, ripassatelo sulla spianatoia un po' di volte, impastando con vigore. Poi dategli la forma di un pane e in forno a 190-200° C per 35-40 minuti.
Tolto dal forno, quando è ancora tiepido, spennellatelo con una glassa fatta con zucchero e succo di limone. Molti usano lo zucchero a velo. Va a gusti. Io preferisco lo zucchero grosso. Rimane più croccante.

Per chi volesse, il latte e il burro vaccini, possono essere sostituiti con latte e burro di soia (io lo faccio). Il risultato è comunque delizioso!

BUON APPETITO  E BUON NATALE.




martedì 18 dicembre 2012

Natale è alle porte....e allora parliamo di zuccheri!

Siamo ormai prossimi alle Festività Natalizie e si sa che, in questo momento dell'anno, più che in altri, si tende a concedersi qualche "sgarro" in più. In particolare, tra le tante cose buone che ci regaleremo, i dolci la faranno da padroni. Della nostra tradizione o più innovativi, faranno capolino sulle nostre tavole in tante forme scintillanti. Tanti dolci...e quindi tanti zuccheri...


 



Ma gli zuccheri fanno bene o male?
Mi sento spesso fare questa domanda. E dico, altrettanto spesso, che "una cosa" in sé non fa male o bene. Dipende dall'uso che se ne fa. Tanto più questo vale per un alimento. Nessun cibo, tra quelli commestibili, è, in sé veleno. Dipende dal consumo che ne facciamo.
Vediamo allora di entrare nel mondo degli zuccheri, e in modo particolare, visto che parliamo di come gli alimenti agiscano a livello del nostro mondo emotivo, psicologico ed energetico, cerchiamo di capire come i dolci e lo zucchero possano influenzare il come ci sentiamo in un determinato momento.

Quando parliamo di zuccheri, parliamo inevitabilmente di glucosio.
Il glucosio è il carburante della vita. In particolare, il nostro sistema nervoso necessita di circa 200 grammi di glucosio al giorno per poter funzionare al meglio. Il glucosio viene utilizzato come mediatore da molti neurotrasmettitori importanti per il propagarsi degli impulsi nervosi e il cui corretto funzionamento da una sensazione di benessere, tranquillità e lucidità.
Forse la cifra che ho appena citato può lasciare sbigottiti: come sarebbe 200 grammi??? Al giorno???
Allora dovremmo assumere 200 grammi al giorno di zuccheri??? Ma non è troppo???
Occorre fare una precisazione. Di quei 200 grammi, il nostro cervello ne prende la maggior parte dal nostro stesso organismo. Il nostro metabolismo, infatti, è capace di produrre una certa quota di glucosio detto "endogeno" che cioè non abbiamo bisogno di assumere con l'alimentazione. Senza entrare troppo in dettagli biochimici, è sufficiente sapere che il nostro tessuto adiposo, i nostri muscoli e il nostro fegato sono in grado di rilasciare del glucosio in circolo, che poi viene trasportato fino al cervello e li utilizzato secondo il fabbisogno del momento.
Solo una quota limitata del glucosio necessario alla nostra vita deve essere introdotta attraverso l'alimentazione. Glucosio che pensiamo, spesso, erroneamente, provenga solo ed esclusivamente da cibi dolci. Esistono invece i cosiddetti zuccheri complessi (per distinguerli da quelli semplici di cui parliamo in questo articolo) a noi tutti noti come carboidrati, i quali sono ricchissimi in glucosio, ma di un glucosio particolare, detto a lento rilascio.

Cerchiamo di capire che differenza c'è tra zuccheri semplici e zuccheri complessi.
Gli zuccheri semplici (zucchero da tavola, miele, fruttosio) entrano in circolo e si accumulano rapidamente ma, altrettanto rapidamente, scendono (il cervello li cattura immediatamente, essendo la sua principale fonte di nutrimento).
Gli zuccheri complessi invece (contenuti in cereali, legumi e verdure) sono detti anche a lento rilascio, in quanto entrano in circolo molto più lentamente, e con gradualità, cosi che, nelle ore seguenti a un pasto a base di cereali, per esempio, il fabbisogno di zucchero viene coperto in modo costante, dall'interazione tra glucosio introdotto con l'alimentazione e glucosio endogeno.
Mentre nel primo caso, gli zuccheri semplici, provocano uno squilibrio (esogeno contro endogeno e troppo e troppo in fretta), nel secondo caso viene mantenuto l'equilibrio.

A questo punto viene da chiedersi:
ma lo squilibrio provocato dagli zuccheri semplici, che effetti da?

Ciascuno di noi avrà provato sicuramente, nella sua vita, quella sensazione particolare che viene cosi spesso definita "carenza di zuccheri". "Ho una carenza di zuccheri" si dice e si sperimentano queste sensazioni:
- sonnolenza
- apatia
- vertigine
- scarsa concentrazione
- irritabilità

Questa situazione si innesca ogni qual volta eccediamo nel consumo di zuccheri semplici e diamo quindi vita a quel "balletto" che porta a un picco di glucosio nel sangue, che viene poi subito assorbito dal cervello per portare a una brusca discesa dei livelli di glucosio ematico, e a una maggior richiesta di zuccheri da parte dell'organismo. Se rispondiamo a questa maggior richiesta di zuccheri con altri zuccheri semplici alimenteremo all'infinito questo meccanismo creando una vera e propria dipendenza. Una dipendenza che può poi sfociare in turbe del metabolismo ma anche, e ci sono sempre più dati a riguardo, dell'umore e della capacità di concentrazione.
In particolare si sono visti e si stanno studiando, sui bambini, effetti molto preoccupanti.
- sbalzi d'umore
- deconcentrazione
- ansia
- depressione
- assuefazione alla sostanza
E' incredibile pensare che dei bambini possano già soffrire di depressione! Eppure se ci pensiamo, come può reagire, a lungo andare, un organismo in crescita, se riceve una molecola vitale come il glucosio, in modo cosi ballerino e soggetto a bruschi cambiamenti di concentrazione? Viene persa ogni certezza. Oggi c'è ma domani potrebbe non esserci. Il nutrimento. La crescita. La speranza.

Concludendo. Fanno bene gli zuccheri semplici? O fanno male?
Un po' di questi zuccheri, visto il loro effetto immediato sul sistema nervoso, possono essere un momento di gratificazione, dare una sensazione di coccola, di momentanea "felicità" interiore (a base proprio biochimica...una "botta" per il cervello!). Ma un po'...
Esagerando non solo andremmo ad instaurare una situazione di squilibrio nel nostro organismo, ma potremmo rischiare di vedere compromesso il nostro umore, la nostra serenità e la nostra capacità di stare nella vita con lucidità e soddisfazione.

Dunque, se vogliamo trascorrere delle festività serene e gratificanti, senza sentirci costantemente arrabbiati, stanchi e appannati, concediamoci una fettina di panettone o pandoro, o un po' di torrone, o assaggiamo qualche dolce tipico e particolare, ma senza esagerare.

Compensando con tanta frutta, verdura, carboidrati complessi.
Vedremo nella prossima puntata, quanto, questi alimenti appena citati, siano un vero toccasana per la nostra salute ma anche, e soprattutto, per il nostro umore!


Alla prossima!










lunedì 10 dicembre 2012

Proteine di origine animale


La carne, con una grande prevalenza di quella rossa e di maiale, è il tipo di proteina di origine animale maggiormente consumata a livello mondiale.
 
Limitarne il consumo tocca questioni etiche (limitare o porre fine allo sfruttamento animale, agli allevamenti intensivi, alle sofferenze e alle condizioni spesso pessime e “inumane” (ma neppure animali...) che questi comportano per il povero animale, per la deforestazione massiva richiesta per mantenere questi allevamenti ecc...) e salutistiche (un consumo eccessivo di carne crea problemi metabolici non indifferenti).
Esiste, però, anche un discorso più “sottile” ma non meno importante.
Le proteine della carne, essendo le sostanze chimiche che stimolano il nostro sistema nervoso prevalentemente a base proteica, influiscono profondamente sul metabolismo dei neurotrasmettitori e quindi sul comportamento umano.
Il consumo di carne stimola, da parte delle ghiandole surrenali, la produzione di tirosina,un amminoacido che è il precursore di alcuni neurotrasmettitori,dopamina, noradrenalina e adrenalina, che stimolano l'aggressività negli animali predatori e che sono, cosa ancora più importante, mediatori del comportamento in situazioni di stress. Sono pensati per situazioni di stress acuto, quando cioè, per esempio, in una situazione di pericolo improvvisa, siamo chiamati a dare una risposta immediata ed incisiva (e qui entra in gioco anche il ruolo di un altro ormone, il cortisolo, di cui parleremo in altra sede). Una volta terminata la situazione di stress, però, i livelli di queste sostanze nel sangue, scendono, e il nostro cervello riceve un messaggio che potremmo tradurre cosi:“ora è tornato tutto calmo, rilassati e rallenta”. Un messaggio di questo tipo ha poi effetto su tutto il metabolismo che riceve un input specifico atto a ristabilire l'equilibrio interno.
Questo in condizione, diciamo cosi, normali.
Ma se pensiamo a una situazione in cui introduciamo continuamente grosse quantità di proteine animali, e in particolare di carne, è come se andassimo, continuamente, a stimolare la risposta “da stress” mantenendo il nostro organismo, e quindi anche la nostra psiche, in una situazione di allarme.
Dunque, aggressività, ansia, tensione continua.



Ci ricorda qualcosa, questo?

Se andiamo a vedere in quell'immenso patrimonio che è la conoscenza e la saggezza antica, che l'uomo aveva già accumulato migliaia di anni fa', troviamo che, con parole diverse, con il linguaggio dell'epoca ma in modo molto chiaro ed inequivocabile, queste cose già erano note.
Il sistema dei Chakras, ruote di energia che si trovano dislocate in punti specifici del nostro organismo, prevede infatti sette Chakras maggiori (e migliaia di altri Chakras cosidetti minori ma che al momento, a noi, non interessano, sparsi su ogni centimetro di pelle) che hanno il loro ingresso sulla superficie corporea e che sono in collegamento con l'interno del nostro organismo, con i relativi organi, apparati e sistemi ormonali ed energetici.
Ad ogni Chakras sono associate diverse qualità emotive, psicologiche, vibrazionali (suoni e colori) ecc...e anche, udite, udite: tipi di cibi ed alimenti!
Il primo di questi Chakras, situato alla base della colonna vertebrale,nella zona del perineo, tra i genitali e l’ano e che viene detto Muladhara, coincide a livello organico con i piedi, le gambe, le ginocchia, il bacino, la colonna vertebrale, le ghiandole endocrine surrenali, l’apparato genitale, la vescica, l’intestino crasso, la muscolatura, lo scheletro osseo e il sistema nervoso autonomo e con il senso dell’olfatto.








Avete notato nulla?
Volete provare a rileggere?
Si parla, di primo Chakra in relazione alle ghiandole surrenali.
Abbiamo visto, sopra, che, a livello biochimico, è stato dimostrato che le ghiandole surrenali vengono stimolate, dal consumo di carne.
Qual'è l'alimento associato al primo Chakra?
Si...proprio cosi...
Le proteine in generale e in particolare la carne (che ha su questo chakra un effetto notevole)!
Cosa rappresenta dal punto di vista emotivo, energetico e psicologico il primo Chakra?
La capacità di stare radicati nella realtà, la volontà di vivere, l'aggressività necessaria per procurarsi quello che serve al proprio sostentamento, alla propria realizzazione, personale, lavorativa, affettiva.
Queste sono tutte cose buone, se presenti nella giusta dose. Come sempre è una questione di misura.
Di equilibrio. Di mezza via.
Non devono mancare o essere troppo poche (una persona che vive senza avere i piedi per terra, che non è capace di interagire con la realtà, che si ritira in se stessa e dalla vita, certamente non ha molte possibilità di avere una vita sana e sufficientemente felice) ma neppure raggiungere l'eccesso (una persona prepotente e aggressiva ha altrettanti problemi).
Ne deriva quindi, in modo piuttosto chiaro, che è bene apportare proteine per aiutare questo chakra a funzionare, ma che è importante non abusarne e, in particolare, non abusare di proteine della carne che lo iperstimolano provocando squilibri e quindi quello stato di continua tensione, ansia, stress (con relativa sintesi di cortisolo) e di aumentata aggressività di cui parlavamo poco sopra.
Ecco come migliaia di anni fa' quello che la nostra scienza moderna sta scoprendo era già noto.
Ci sarebbe molto da riflettere.


Concludo questo primo escursus riguardante le proteine animali dicendo che anche la carne di pesce e i formaggi stagionati, sebbene in misura minore, sono in grado di scatenare la cascata ormonale e di neurotrasmettitori di cui abbiamo parlato.
Sarebbe quindi bene stare attenti anche al consumo di tutti questi alimenti.

Del resto anche la versione più moderna della piramide alimentare prevede, alla base , l'acqua e le bevande in generale, poi i vegetali e i legumi, e poi man mano che si sale, cereali e carboidrati in genere e semi oleaginosi, frutta secca e oli. Solo in cima, verso la punta della piramide, carni bianche, pesce, formaggi e latticini, salumi e carne rossa...quest'ultima poi è messa proprio al vertice della piramide a significare che va consumata piuttosto raramente.

Tutto torna.

Alla prossima puntata.



Siamo quello che mangiamo.



Si dice spesso che siamo quello che mangiamo, ma sappiamo davvero cosa vuol dire?
Siamo abituati a cogliere immediatamente il nesso tra quello che mangiamo e la nostra salute (che non è poco!) e magari siamo preparatissimi circa gli alimenti che fanno aumentare la fatidica glicemia (quantità di zuccheri nel sangue) o il colesterolo, o quali cibi sono più o meno ricchi di calcio ecc...
Quello che forse non sappiamo, è che il cibo che scegliamo influenza anche il nostro stato d'animo e, a lungo andare, sembra, anche il nostro carattere.
Questo non stupisce, se ci soffermiamo un istante sul concetto di cibo, e di sostanze nutritive.
Le sostanze nutritive contenute nel cibo, infatti, sono molecole ed energia.
Molecole ed energia influiscono sul delicato e raffinato sistema ormonale e sulla produzione dei neurotrasmettitori.
Gli ormoni e i neurotrasmettitori collaborano nel regolare il funzionamento del nostro cervello, nel trasmettere ai vari distretti dell'organismo “messaggi” (in questo caso chimici) che dicono “attivati”, “fermati”, “lavora di più”, “lavora di meno”, “fai succedere questa cosa”, “fai succedere quest'altra”.
Ecco quindi che, siamo quello che mangiamo, a livello corporeo, emotivo, mentale ed energetico.
E' proprio vero che siamo il nostro corpo, mentre spesso ci vene da pensare che abbiamo, semplicemente, un corpo, e che quello che siamo come persona, le nostre gioie, i dolori, la capacità di sentire, di vivere, siano qualcosa di separato e altro rispetto alla nostra parte organica.
Occorre imparare un diverso modo di percepirsi.
E allora, vediamo come i cibi che assumiamo possono influenzare quello che siamo.
Penso sarà necessario, vista la vastità dell'argomento, fare un percorso "a puntate".
Iniziamo quindi con la prima.

mercoledì 5 dicembre 2012

La saggezza di Ippocrate.

Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo.

Il corpo umano è un tempio e come tale va curato e rispettato, sempre.

Lavorare, mangiare, bere, dormire, amare: tutto deve essere misurato.

Ciò che è da gran tempo consueto, anche se è peggiore dell'inconsueto, di solito turba di meno; tuttavia talvolta occorre cambiare passando all'inconsueto.
 
 





 
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/vita/frase-53025?f=a:2813>



 
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/medicina-e-salute/frase-69525?f=a:2813>

lunedì 3 dicembre 2012

Iniziamo il viaggio.

Cibo e Anima nasce dal mio percorso personale e professionale.
Fermamente convinta che siamo esseri Interi, Completi, Unici, io, biologa, e appassionata di psicologia, crescita personale e spiritualità, da sempre, sono arrivata a fondere, ad un certo punto del cammino, questi diversi aspetti che fanno “Noi Stessi”.
Corpo, Mente, Anima.
Ora biologa nutrizionista, e in un percorso di studi presso la facoltà di Psicologia di Trieste, cerco di aiutare le persone a scoprire quanto sia vasto, multiforme e ricco il loro Universo.
Aiutandole a capire come nutrire bene, e meglio, non solo il loro Corpo, ma anche, attraverso di esso, la loro parte emotiva, i loro pensieri, la loro Anima e la loro Energia.

Cibo e interiorità sono strettamente legati.
Accorgersene e farne un proprio percorso di scoperta, apre lo sguardo su infinite, nuove, imprevedibili strade.
Percorriamole assieme.
Per quello che si può.
In questo spazio.